martedì 8 dicembre 2009

La chiusura del giornale


I Siciliani cominciarono con il tempo a sentirsi più isolati. Le casse del giornale erano vuote da tempo. I debiti si accumulavano e nessuno accettava di comparire a scopo pubblicitario nelle pagine del mensile. Quando i redattori offrivano alle imprese la pubblicità nel loro giornale, tutti gli imprenditori rifiutavano, e neanche in maniera anonima finanziavano la rivista.

I riflettori dopo l’omicidio di Fava li avevano adesso abbandonati e anche le più grandi promesse di solidarietà non erano alla fine pienamente rispettate. Per questi motivi nel giro di un anno la rivista aveva cambiato volto: la foliazione era diminuita di trentadue pagine, era stato aumentato il prezzo della copertina per far fronte alle spese della carta, diminuito i costi di stampa e ogni tanto il giornale usciva bimestralmente. I Siciliani probabilmente era l’unico giornale europeo a larga diffusione che stava riuscendo a vivere senza introiti pubblicitari e con il solo ricavato delle vendite. Nel corso del 1985 i lettori erano stati tenuti al corrente di questi problemi finanziari, cercando di far crescere il numero gli abbonamenti. Nel numero doppio di Marzo/Aprile il giornale uscì con una foto dei componenti della redazione in copertina con il titolo: “Chi vuole chiudere questo giornale?”.

I Siciliani però non poteva chiudere, non poteva così far cessare quella voce che stava facendo saltare gli equilibri mafiosi in città. Soprattutto era l’unico giornale che cercava di contrastare il monopolio informativo di Ciancio che dimostrava sempre meno attenzione all’informazione antimafia. È datata infatti 19 marzo 1985 la pubblicazione di una lettera che Santapaola latitante spedì al giornale La Sicilia che non esitò a metterla in prima pagina. Un articolo che difendeva il colonnello Licata e che era stato pubblicato come se fosse stato un articolo di un corrispondente, senza commento alcuno.
Piuttosto I Siciliani volevano essere più presenti, più costanti. Per questo la scelta di cambiare la periodicità del giornale in settimanale dall’autunno del 1985. Il giornale soffrì degli stessi problemi finanziari del mensile, ovviamente amplificati. La condizione economica, dopo quasi un anno di settimanale, diventò ancora più insostenibile. Ciò portò I Siciliani alla chiusura nell’agosto del ‘86 quando salutarono i lettori con la speranza di rivedersi a settembre.
Nel gennaio del 1987 ricorreva il terzo anniversario in ricordo dell’assassinio di Fava. Circolava un volantino firmato dalla redazione, in cui si leggeva:
Già da sei mesi “I Siciliani” sono assenti dalle edicole e, com’è evidente, un giornale che non esce è già virtualmente un giornale morto. “I Siciliani” sono infatti sul punto di chiudere. […] La chiusura de “I Siciliani” sarebbe l’ultima di una lunga serie di sconfitte del movimento antimafioso sorto in Sicilia - soprattutto fra gli studenti, ma anche nel mondo del lavoro e in vari settori della società - all’indomani della morte del generale dalla Chiesa: un movimento che ha chiesto verità e giustizia contro la mafia e le sue connessioni politiche e finanziarie, che ha rivendicato i diritti più elementari calpestati dal sistema di potere mafioso, che ha cercato di riempire di contenuti positivi e civili la propria opposizione alla mafia e ai suoi potenti ispiratori. […] I redattori de “I Siciliani” hanno fatto quanto era in loro potere per scongiurare una simile eventualità, ma nessun giornale al mondo può sopravvivere indefinitamente senza adeguate risorse economiche e senza pubblicità. […] La chiusura de “I Siciliani” concluderebbe logicamente - se chiusura dovrà esserci - l’operazione iniziata la sera del 5 gennaio 1984, a Catania, con l’assassinio di Giuseppe Fava. Chiudere la bocca alla società civile siciliana, non far parlare nessuno su quanto di nefando e delittuoso, ma anche di positivo e civile, accade in Sicilia, abolire le voci della democrazia: il silenzio era l’obiettivo di quella sera. […] C’è stato un movimento, in questi anni, in Sicilia, per la prima volta dopo molti decenni: un movimento che partendo dalla mafia e dal potere mafioso ha messo in discussione, senza zavorra d’ideologie ma con coerenza profonda, gli assetti di società e di potere su cui si basano l’infelicità di quest’isola e i mali oscuri dell’intero Paese. Di questo movimento civile, indifferente al Palazzo ma profondamente radicato nella gente che vive fuori, “I Siciliani” sono stati una voce, e forse anzi la voce. Ora, non possono più esserlo da soli.
Ad un certo punto, durante il 1986 e il 1987, ci furono delle possibilità concrete di riapertura: la redazione si era data da fare per trovare le condizioni ottimali per la ripresa del lavoro giornalistico. Sottoposero al PCI, al sindacato, alla Lega delle cooperative e alle associazioni culturali, un progetto di circa cinquecento milioni l’anno. Si impegnavano anche ad accettare un nuovo direttore, che potesse proseguire il sentiero tracciato da Fava dal 1983 e che godesse di garanzie professionali presso i finanziatori. Il giornale però non venne riaperto dopo estenuanti trattative. I partiti della sinistra siciliana che su quel giornale finivano per i loro intrallazzi, la lega delle cooperative che faceva affari con i cavalieri del lavoro, il partito comunista alla ricerca del gradimento dei potenti dell’isola, alla fine preferirono non accettare. Così mentre le cooperative nazionali accettavano di sostenere la propria quota, le cooperative siciliane respingevano il progetto.
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