sabato 19 dicembre 2009

La cronaca di un successo

Il mensile riscosse un enorme successo. La tiratura, variabile a seconda delle finanze del momento, veniva quasi totalmente venduta. Era un successo per la Sicilia e i siciliani. E Fava non si esimeva dal sottolinearlo nei suoi editoriali:
I Siciliani hanno conquistato la Sicilia. Il nostro giornale in meno di due mesi è riuscito in una impresa senza precedenti, diffondere cioè la sua presenza in ogni centro dell’isola, dalla grande città al paese più sperduto dell’interno, e dovunque con lo straordinario favore della pubblica opinione. […] Non c’era stato mai finora uno strumento di informazione, giornale o emittente televisiva, che avesse potuto o saputo penetrare così rapidamente e profondamente sull’intero territorio della regione e con una manifestazione di stima così spontanea. Come se nella coscienza siciliana ci fosse un grande vuoto della conoscenza, una specie di spazio deserto della cultura, che il nostro periodico è venuto ad occupare. […] Forse è la prima volta che la Sicilia viene interamente conquistata da Siciliani, i quali da questa conquista muovono per una avanzata verso la Nazione: non più oggetto o semplici destinatari, ma portatori, anzi protagonisti della cultura.
[Giuseppe Fava, Una sfida al Sud, Marzo 1983]
Ma cominciavano anche i problemi. Le inchieste davano fastidio in ogni ambiente, dalla stanza del mafioso latitante Santapaola alle scrivanie dei politici. Era l’inizio della strategia dei nemici che tentarono di isolare il periodico e di delegittimare Fava dipingendolo per lo più come un grande narratore di frottole.
Come previsto, la grande alleanza dei masnadieri contro il nostro giornale si va saldando. Da una infinità di piccoli, oscuri ma inequivocabili segni, appare sempre più chiara la identità dei nemici che via via si aggregano alla congiura. Chi sono costoro? Sono uomini politici corrotti, dirigenti di enti pubblici sperperatori, presidenti di aziende finanziarie che manovrano centinaia di miliardi senza paternità, alti funzionari che amministrano e distribuiscono denaro pubblico alle grandi clientele, operatori di vertice abituati a dominare dall’ombra giganteschi affari. Essi sono contro poiché hanno il terrore del successo imprevisto, clamoroso, incalzante de I SICILIANI […] poiché temono che, da un mese all’altro, su queste pagine, compaia il racconto della loro ribalderia. […] Ora noi vogliamo fare un discorso chiaro e definitivo. Noi vogliamo solo esercitare la nostra professione di giornalisti nel modo più puro, più morale e trasparente, esaminando serenamente i grandi problemi del Sud, proponendo le oneste soluzioni, valorizzando l’intelligenza, le virtù, l’intraprendenza del Sud. […] E tutto questo non si può realizzare se non attraverso la verità su tutto e su tutti. […] A questo punto, allora, un’altra cosa vorremmo fosse chiara e definitiva come una martellata in mezzo alla fronte, per tutti coloro i quali credono di poter ammansire o sopraffare “I SICILIANI”. Non ce la faranno mai. Ben vengano avanti. Noi li ringraziamo! Qualsiasi attacco disonesto, sleale o peggio, avrà soltanto il risultato di poterci fare identificare meglio i ribaldi, e concentrare quindi la nostra attenzione civile, la nostra durissima, incorruttibile azione di giornalisti e di cittadini verso gli uomini e gli enti responsabili.
[Giuseppe Fava, A ciascuno il suo, Giugno 1983]
Finanziamenti e Pubblicità
Mentre I Siciliani avevano conquistato la Sicilia, tutta la Sicilia degli imprenditori rifiutava di pubblicare i propri annunci pubblicitari sul giornale di Fava. Gli introiti pubblicitari erano pochissimi, a fronte delle spese di stampa e distribuzione del giornale. Le spese aumentarono inoltre quando della stampa si occupò una tipografia di Roma, visto che la tiratura de I Siciliani cresceva e le macchine comprate si erano rivelate già vecchie all’acquisto.
La situazione finanziaria della cooperativa era sempre stata critica: nessun giornalista percepiva uno stipendio, per nessun lavoro, visto che tutti i soci svolgevano più mansioni all’interno del giornale (grafici, distributori e perfino elettricisti). 
Intanto nessun imprenditore aderiva al progetto de I Siciliani. Solo qualche piccolo imprenditore amico del direttore. Eppure figuravano sulla rivista pagine di pubblicità nazionali, come le auto Fiat e Volvo, la birra Peroni e i pneumatici Pirelli. Era uno degli altri lavori di Riccardo Orioles che cercava di rendere appetibile la rivista presso gli inserzionisti pubblicitari. 
Pubblicavamo pubblicità fasulla. Copiata da altri giornali per dare autorevolezza al giornale. Solo un albergatore, il signor Timpanaro forniva qualche inserzione pubblicitaria. Poi ogni tanto qualche ristorante di serie b, e nient’altro. [….] La lega delle cooperative aveva chiesto una pubblicità: una cooperativa di water mobili per le manifestazioni, che ci fu pagata dopo un anno. Fu l’unica consistente. […] Ogni tanto qualche giudice di provincia ci dava qualche annuncio istituzionale. Avevamo chiesto a tutti gli industriali puliti: tutti rispondevano “il mese prossimo”. Mentre il Banco di Sicilia pubblicava la pubblicità sui giornali di Mantova. Mettersi su I Siciliani voleva dire esporsi. Anche nell’ultima riapertura non avevamo pubblicità alla stessa maniera, neanche istituzionale”.
Riccardo Orioles, intervista
Mai nessuno però fu invogliato a schierarsi così responsabilmente contro la mafia. Una pagina di pubblicità costava quattrocentomila lire: una somma modesta che neanche il Banco di Sicilia poté spendere, visto che rifiutò l’invito poiché quei soldi “per l’acquisto di una pagina pubblicitaria non rientrassero nei budget promozionali” [C.Fava, La mafia comanda...]. Gli unici introiti, oltre alla vendita del giornale, erano quelli provenienti dall’inserto turistico. Erano dei servizi presenti nelle ultime pagine del giornale che i comuni siciliani acquistavano per pubblicizzare la loro storia, mediante dei pezzi, a cura dei comuni, corredati da foto e itinerari. Erano spesso Nanni Maione o lo stesso Giuseppe Fava, che giravano in lungo e in largo la Sicilia per vendere a qualche piccolo paese un servizio di questo genere.

Lo rileviamo noi il giornale!
Erano state numerose le offerte per far tacere la voce de I Siciliani durante il loro primo anno di attività. Inizialmente il cavaliere del lavoro Graci, uno degli editori del Giornale del Sud, aveva contattato Fava per comunicargli la proposta di rientrare come direttore nel quotidiano catanese. Successivamente persone vicine al cavaliere Rendo parlarono con il direttore Fava al fine di offrire alla redazione la gestione della emittente televisiva catanese Telecolor, di proprietà dello stesso cavaliere. Tale offerta fu ricomunicata anche da Salvo Andò, politico socialista, successivamente Ministro della Difesa, che arrivò in redazione per convincere Fava ad accettare l’offerta del cavaliere Rendo. Infine sempre il cavaliere Graci, durante un diverbio con il direttore de I Siciliani, arrivò ad offrire duecentocinquanta milioni per entrare nella cooperativa. Erano tutte tecniche per cercare di addomesticare una redazione che si era rivelata scomoda, guidata da un direttore ormai considerato una spina nel fianco dalla mafia. Fava rifiutò amabilmente tutte le offerte che vennero fatte da tali persone che volevano comprare, a suon di denari, un progetto editoriale e la libertà professionale e di espressione.
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